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L’ipotermia sembra essere un forte predittore di mortalità nei pazienti con insufficienza cardiaca


Uno studio coordinato da Ricercatori dell’University of Texas Southwestern Medical School ha verficato se la bassa temperatura corporea fosse in grado di predire la sopravvivenza nel breve periodo dopo dimissione dei pazienti ospedalizzati per insufficienza cardiaca.
Hanno preso parte allo studio ACTIV in CHF ( Acute and Chronic Therapeutic Impact of a Vasopressin Antagonist in Congestive Heart Failure ) 319 pazienti, che sono stati assegnati a ricevere Tolvaptan oppure placebo.

L’analisi è stata compiuta in modo retrospettivo.

L’ipotermia è stata definita a priori come una temperatura corporea orale inferiore a 35.8°C, alla randomizzazione.

L’ipotermia è stata osservata nel 10% dei pazienti ( n = 32 ).

A 60 giorni dopo la dimissione ospedaliera, la percentuale di mortalità è stata del 6.3% per l’intera popolazione esaminata e 9.4% nei pazienti ipotermici e 5.9% nei pazienti non-ipotermici.

L’ipotermia è risultata essere un forte predittore di mortalità; i pazienti ipotermici avevano una probabilità 3.9 volte maggiore di morire entro 60 giorni rispetto ai pazienti non-ipotermici ( p = 0.0497 ), dopo aggiustamento per il gruppo di trattamento, per l’età ed altri fattori confondenti.

L’ipotermia era associata agli indicatori di bassa gittata cardiaca, come un elevato rapporto tra azotemia e creatinina plasmatica, pressione pulsata ristretta ed una ridotta frazione d’eiezione.( Xagena2006 )

Payvar S et al, Am J Cardiol 2006; 98: 1485-1488


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