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Iponatriemia associata a maggior rischio di mortalità tra i pazienti con scompenso cardiaco e frazione d’eiezione preservata


L’iponatriemia è un predittore di esito avverso nel breve periodo nei pazienti con insufficienza cardiaca acuta.
L’impatto dell’iponatriemia sulla sopravvivenza nel lungo periodo nei pazienti con scompenso cardiaco e frazione d’eiezione preservata non è stato valutato.

Ricercatori francesi hanno esaminato, in modo prospettico, l’impatto della natriemia al basale e i cambiamenti dei livelli di sodio durante l’ospedalizzazione sull’outcome a 7 anni in 358 pazienti che sono sopravvissuti ad una prima ospedalizzazione per insufficienza cardiaca.

Al momento del ricovero l’iponatriemia ( sodio inferiore a 136 mEq/L ) è stata diagnosticata in 91 pazienti ( 25.4% ).

L’iponatriemia al basale era associata ad un aumentato rischio di mortalità totale ( hazard ratio, HR=1.98 ) e di mortalità cardiovascolare ( HR=1.92 ).
Dopo aggiustamento per covariate, le relazioni sono rimaste significative.

La sopravvivenza a 7 anni ( sopravvivenza osservata/attesa ) dei pazienti con iponatriemia è risultata più bassa rispetto a quella dei pazienti non valori normali di sodio ( 31% versus 63% ).

Alla dimissione ospedaliera, 45 pazienti con bassi livelli di sodio al basale hanno presentato una normale natriemia ( 49% ), mentre 46 hanno presentato un’iponatriemia persistente ( 51% ).

I pazienti, che alla dimissione avevano una natriemia normalizzata, hanno fatto registrare un eccesso di mortalità a 7 anni, rispetto al gruppo normonatriemico ( HR=1.50 ).

I pazienti con iponatriemia persistente presentavano una più bassa sopravvivenza a 7 anni ( HR=2.67 ).

Dopo aggiustamento per le covariate, per i pazienti con persistente iponatriemia è emerso un marcato aumento del rischio relativo di mortalità totale, rispetto ai pazienti con normali valori di natriemia al basale.

In conclusione, l’iponatriemia è un potente predittore di mortalità nel lungo periodo nei pazienti con scompenso cardiaco e con frazione d’eiezione preservata. ( Xagena2009 )

Rusinaru D et al, Am J Cardiol 2009; 103: 405-410


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